(A causa di un problema tecnico, le immagini dei vari passaggi per il preparamento della torta potete trovarli qui, sulla mia pagina Facebook)

 

E’ da un anno che mi dico… devo scrivere un post dopo quello della torta felice! La pressione dipendeva dal fatto che pensavo di dover fare una rettifica… “scusate mi ero sbagiata… non e’ vero che basta desiderare intensamente per fare in modo che i nostri sogni si avverino…”.

Quando avevo scritto quel post ero in uno stato di grande eccitazione. Si era risolto un conflitto che durava decenni, e si era risolto a mio favore! I miei genitori avevano messo da parte la loro guerra, e mi avevano “approvato” dandomi fiducia (quella fiducia che io in realta’ non avevo in me stessa). Mi avevano dimostrato con le parole e “con i fatti” che mi amano infinitamente. Quella loro azione mi aveva “sbloccato” e mi aveva fatto sentire in connessione con l’universo in un modo profondo e totalmente nuovo. Ero riuscita a vedere quel filo che ci tiene tutti uniti e che porta persone ed eventi ad intrecciarsi in maniera affascinante. Avevo visto che tutte le difficolta’ che la vita ci presenta altro non sono che tasselli indispensabili per il completamento di un’opera meravigliosa… ero felice, ispirata, “espansa”…

Poi la ricaduta. Era troppo bello per essere vero. Purtroppo la risoluzione non era possibile nel modo che avevamo definito e da li’: la catastrofe, emozionale e finanziaria.

Come gia’ avrete capito mi chiedo sempre il perche’, perche’ doveva andare a finire cosi’? Perche’ ho dovuto rendermi conto che – quando eravamo arrivati a quella “risoluzione” che mi aveva reso cosi’ felice – i miei genitori in realta’ non avevano capito proprio nulla delle mie intenzioni? Perche’ si sono rimangiati quella fiducia che mi sembrava mi avessero dato con gioia? Tutti i miei sforzi erano stati invano! Mi sembrava che impegnarsi nella vita non serva proprio a niente perche’ “piu’ si fa, peggio e’!”.

Come potevo riaffacciarmi su questo blog, dopo aver dichiarato a squarciagola la vittoria? Era tutto svanito, la fiducia, la speranza, la gioia…

Sono stati mesi molto bui, e quando dico bui vuole dire proprio di un nero fitto e denso. Il peggio del peggio. Perche’ una malattia come il cancro… si puo’ arrivare ad accettare: dopotutto chi lo sa quale e’ la causa. Puo’ essere lo stile di vita, un fattore ereditario, l’inquinamento atmosferico… e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Possiamo accettare di “essere sfortunati”. Ma quando sei in grado di vedere che SEI TU insieme ai tuoi simili a negare il corso naturale della vita alimentando un processo di AUTODISTRUZIONE… allora provi dolore, un dolore intenso, perche’ non arriva piu’ da fuori, ma dal tuo profondo…

Ero piena di tristezza e di rancore perche’ non riuscivo a capire le ragioni dei miei genitori. La malattia qualche anno prima mi aveva gia’ fatto capire che e’ necessario accettare quello che la vita ci mette davanti e con positivita’, ma appunto e’ piu’ facile accettare qualcosa che viene da fuori piuttosto che da dentro. Ci sono voluti tanti passi, tanti, tanti per arrivare a comprendere e perdonare. In questo ultimo anno ho avuto la sensazione che il mio corpo fosse fatto di nodi, ed ogni volta che capivo un pezzetto in piu’ di me, del mio passato, della vita in generale, era come snodarne uno… e sono riuscita a fare tutto questo perche’ ho colto i segni, ho colto le briciole che mi erano state messe davanti. All’inizio non avevo idea che queste briciole potessero seguire un percorso ben definito, ma quel che e’ certo e’ che tutto e’ iniziato nel momento in cui IO mi sono messa alla ricerca del “cambiamento”.

Ho sempre pensato che ci sia una relazione tra cibo e salute e quindi mi sono messa a cercare su internet, ed ho trovato il professor Franco Berrino. Da 40 anni, attraverso il progetto DIANA(ora -WEB), studia donne che dopo aver avuto il cancro al seno decidono di cambiare il loro stile di vita riducendo in questo modo la probabilita’ di riammalarsi. Allora, determinata come sempre, inizio un percorso, duro e restrittivo, ma anche appassionante verso una “nuova alimentazione”, che mi porta a perdere 35 kg, cosa che oramai credevo impossibile. Me le guardo tutte le conferenze di Berrino su youtube, poi il punto di svolta: la conferenza su “Cibo, genetica e karma” mi porta fino ad Andrea Penna ed al suo libro “Ti permetto di far parte di me”, dove la malattia viene messa in relazione ai nostri rapporti nel gruppo familiare. Questa lettura, insieme ad altre, affiancata dalla volonta’ di lasciare andare, preparano il terreno per l’entrata in un nuovo livello di consapevolezza.

Ci e’ voluto tanto, tanta voglia di perdonare e tanta volonta’ di scrollarsi di dosso quella negativita’ che probabilmente puo’ avere contribuito nel passato a preparare il terreno per la malattia. Ci ho provato tante volte a mettere da parte ripetendomi “Fabiana non e’ importante! Pensa al futuro e basta! Vai avanti!”. Ma in realta’ era come spostare un peso da davanti a dientro. Portare uno zainetto sulle spalle ci aiuta a camminare facendo meno fatica, ma il peso e’ sempre li’, non lo vediamo ma il nostro corpo lo continua a sentire. No, lasciare andare non significa cercare di convincerci che “va bene lo stesso”, ma significa INTEGRARE il nostro passato nel presente per muoverci liberamente verso il futuro. Ovvero: girarsi indientro per guardare tutta la me..da che ci ha sommerso e riuscire a dire “GRAZIE perche’ e’ andata cosi’, grazie per tutta quella me..da perche’ e’ anche grazie a lei che oggi sono quello che sono”. Non e’ semplice…

Come fare ad accettare il passato? Come fare soprattutto a perdonare? Il punto a cui sono arrivata io (anche grazie al Dottor Penna) e’ che in realta’… NON C’E’ NULLA DA PERDONARE. Perche’ – e qui mi riferisco soprattutto a situazioni conflittuali tra parenti – tutti noi agiamo in base al nostro istinto di sopravvivenza e vogliamo sempre fare quello che crediamo sia la soluzione migliore. Solo che questa “soluzione migliore” e’ un’opinione! E’ infatti il prodotto della nostra morale (quello che crediamo sia giusto o sbagliato e che si e’ formato nei nostri primi anni di vita) e delle nostre esperienze (le cose belle o brutte che ci sono successe, e qui aggiungo per i piu’ spavaldi tra voi: che sono successe a noi e ai nostri antenati). Certo e’ che se si agisse mettendo l’amore al primo posto, credo che la maggior parte dei conflitti potrebbero essere evitati. Ma se questo non e’ il caso, probabilmente dipende dal fatto che noi siamo prigionieri delle nostre convinzioni e vogliamo convincere gli altri che e’ proprio cosi’ come la vediamo noi! Vogliamo avere ragione perche’ noi sappiamo cosa e’ GIUSTO e ci sembra impossibile che gli altri non riescano a vederlo! Tutte queste convinzioni sono cosi’ radicate che annebbiano l’amore. Non e’ che l’amore non c’e’, e’ che non possiamo vederlo!

Ho come questa sensazione. Che ad ognuno di noi, qui su questa terra, sia concesso dello spazio fisico (il nostro corpo) ed uno spazio “metafisico” (la nostra anima). Quindi come scegliamo di cosa riempire il nostro corpo fisico, allo stesso modo possiamo scegliere di cosa riempire il nostro corpo metafisico. Certo, le cose brutte succedono e lasciano un segno, in entrambi i corpi. Ma come ogni tanto e’ necessario ripulire i nostri cassetti buttando le cose che non ci servono piu’, allo stesso modo dovremmo ripulire la nostra anima, eliminare i rancori per FARE SPAZIO alle gioie che sicuramente arriveranno nel momento in cui saremo pronti a riceverle. E vi diro’ di piu’, questa immagine di un corpo metafisico per me va oltre: questo spazio non e’ fisso, si comprime e si espande. Quando siamo negativi e vediamo tutto nero quello spazio si comprime facendoci sentire sempre piu’ senza fiato, la negativita’ si espande comprimendoci fino a portare al blocco piu’ assoluto. Quando invece siamo positivi e siamo pervasi di amore, siamo “aperti” al tutto, siamo inclusivi, siamo “espansi”. Ovvero la positivita’ si espande portandoci verso l’apertura, verso la dinamicita’, verso la connessione tra tutte le cose.

Sto parlando di un percorso lunghissimo e difficilissimo, che io stessa ancora non ho percorso, ma ho aperto la porta. Come? Smettendo di GIUDICARE (o almeno provandoci!). Ognuno appunto ha le sue ragioni e queste ragioni sono un prodotto di processi complessissimi. Questa consapevolezza mi aiuta ad accettare il fatto che qualcuno possa farmi del male in maniera apparentemente gratuita, perche’ in realta’ quando lo fa non ne e’ consapevole, avviene tutto a livello inconscio. Anzi, io credo pure che il piu’ delle volte le intenzioni siano buone! Tuttavia e’ incredibile vedere come alle volte le nostre intenzioni positive vengano male interpretate tanto da arrivare ad allargare le ferite gia’ esistenti invece che rimarginarle. Questo ti porta a pensare che impegnarsi nella vita non serva proprio a nulla… E qui vorrei tornare all’apertura di questo post, quella in cui dicevo che non sapevo piu’ come approcciarmi ai miei lettori dopo l’ennesimo “fallimento”, quello venuto dopo aver dichiarato la vittoria…

Appunto, mi sono chiesta il perche’ dovesse andare a finire cosi’? perche’ tutte le mie fatiche siano state invano?? perche’ NON MI SONO FERMATA PRIMA??? Ora, a distanza di un anno, posso dire di avere trovato la risposta…

Credo ancora che sia necessario desiderare qualcosa intensamente per fare in modo che i nostri sogni si avverino (come dicevo appunto nel post della torta felice), ma quello che ho capito dopo la “catastrofe” e’ che POSSIAMO DESIDERARE SOLO PER NOI STESSI ! Non possiamo desiderare che gli altri prendano delle decisioni per noi, perche’ ognuno ha le sue croci, ognuno ha le sue battaglie. Non possiamo aspettarci che siano gli altri a caricarsi delle nostre battaglie, che siano gli altri a salvarci e soprattutto: non e’ compito nostro salvare gli altri, i nostri genitori in particolare. Possiamo salvare solo noi stessi! Detto con altre parole: non possiamo cambiare gli altri, possiamo cambiare solo noi stessi. E cambiare significa armonizzarci con la natura, significa trovare un equilibrio tra noi e il mondo che ci circonda. Nel momento in cui noi saremo in equilibrio, staremo bene e saremo positivi, si innescheranno altri processi che – chissa’ – potrebbero aiutare anche gli altri a cambiare…
In questo senso non posso dire che tutto questo sia stato invano, perche’ tutto quello che mi e’ successo mi ha fatto capire tutte queste cose, ovvero ha ampliato la mia consapevolezza relativa all’essere, a questa nostra misteriosa e meravigliosa vita. Grazie a tutto questo ho “elevato il mio stato di coscienza”, per usare le parole di Berrino
E alla domanda “perche’ NON MI SONO FERMATA PRIMA???” posso dare solo questa risposta: perche’ io NON MOLLO MAI !! Sono fatta cosi’, cosa ci posso fare?… pero’ ora, grazie a tutto quello che e’ successo, ho la consapevolezza che la vita non e’ una lotta, non bisogna essere sempre sul piede di battaglia per ottenere qualcosa. Al contrario, ogni tanto e’ meglio smettere di “lottare” / “impegnarsi al massimo” perche’ se una cosa deve succedere, succede, prima o poi. Pero’ noi abbiamo la scelta di percorrere una strada molto ardua o una strada piu’ semplice. Nel mio passato ho sempre avuto la consapevolezza di scegliere sempre le strade in salita, e pensavo che quello mi avrebbe portato lontano. Ed in effetti le mie soddisfazioni le ho avute, durante i miei studi e dopo la laura. Ma quando mi sono trovata “nel mezzo del cammin di nostra vita”… anche io mi sono ritrovata “in una selva oscura che la dritta via che era smarrita”. E appunto, forse doveva semplicemente succedere, per farmi capire che e’ ora di smettere di provare continuamente a pilotare gli eventi, e’ ora di “lasciare andare”…

Il 12 Maggio scorso ero venuta in Italia per il Sementi Festival di Corinaldo, poi gli eventi mi hanno portato a Modena ed io e la mamy, proprio per la festa della mamma, siamo andate ad ascoltare una conferenza della Dottoressa Sabine Eck che parlava alla Festa delle erbe aromatiche e officinali a Savignano sul Panaro riguardo a “Il libro mai scritto: la biblioteca delle donne”. Dopo questa interessantissima conferenza, parlando con lei mi racconto’ un aneddoto. C’era un uomo che si era ammalato di cancro, allora penso’: “Sai che faccio ora, vado a morire in mare”. Prese la barca e ando’ in mare. E lo sapete poi cosa successe? Che NON MORI’ ! E perche’ non mori’? Perche’ aveva ACCETTATO il suo destino, aveva deciso di NON COMBATTERE e godere di quel tempo che gli era rimasto. In piu’, fece quello che AVEVA VOGLIA DI FARE, probabilmente realizzo’ il suo sogno. Non posso dirlo con certezza, questa e’ la mia interpretazione.

Ognuno puo’ scegliere l’interpretazione che preferisce. Io preferisco pensare che una qualche influenza sul nostro destino la abbiamo e proprio per questo ho deciso di lasciarmi andare agli eventi, di non resistere ma piuttosto di farmi trasportare. Non dico di riuscirci sempre, ma ci sono momenti in cui questo atteggiamento mi da’ delle sensazioni fisiche. Lasciarsi andare significa mettersi nelle mani di un qualcosa di piu’ grande, chiamiamolo Dio o chiamiamolo CASO. E’ uguale, questa sensazione la possiamo raggiungere sia da credenti che da atei. E quando riesco consapevolmente ad aprirmi al tutto per ricevere quello che l’universo ha da offrirmi, mi sento come avvolta da un grande abbraccio, mi sento come cullata dalle braccia amorevoli della madre terra. Qualcuno di voi pensera’ che sono pazza. E’ libero di farlo, la pazzia e’ parte di questo mondo. Ma questa immagine e’ qualcosa che ho veramente sentito e che non voglio dimenticare per poterci tornare nel momento in cui la vita mi porta ad allontanarmene.

Tutto questo mi ha portato a ridimensionare la mia visione relativa alla corretta alimentazione anche in relazione al cancro. Questo ovviamente andrebbe esplificato in un post a parte, ma quello che posso dire qui velocemente e’ che ho raggiunto la consapevolezza che non ci sia UNA alimentazione che vada bene per tutti e soprattutto che non ci sia UN tipo di alimentazione che ci curi. Nulla ci puo’ curare se non siamo noi a volerlo nel profondo, se noi non crediamo di poter guarire. Le vie verso la guarigione sono infinite (vedi il libro “Siamo guariti dal cancro” di Sergio Signori). E, la mia personale opinione, e’ che la guarigione non passi attraverso la privazione ed il sacrificio, ma attraverso l’abbondanza ed il piacere. Non ho piu’ intenzione di predicare, ad esempio, che per guarire dal cancro sia necessario eliminare la carne. Per un certo periodo – quando avevo TANTA PAURA di riammalarmi – sono stata vegana. Questo, grazie alla mia creativita’ in cucina, mi ha fatto scoprire che ci sono tantissime – ma veramente tantissime – alternative vegetali ai piatti tradizionali che sono ugualmente gustose. Ecco l’abbondanza. Ma, dopo quello che e’ sucesso a mio marito (carenza di B12) e guardando anche i miei figli, ho anche capito che eliminare la carne per noi e’ come “andare contro natura”. A me ed ai miei figli in particolare PIACE TROPPO LA SALSICCIA!!! E questo ci viene sicuramente dai geni del nonno, ex-macellaio, che quando si faceva un panino si tagliava 100 grammi di salume!! Allora, anche qui, si tratta di INTEGRARE questa eredita’ con una consapevolezza nuova: che c’e’ carne e carne, “felice” e non felice, e che in ogni caso non c’e’ bisogno di mangiarla tutti i giorni. Ma se mangiare di rado della carne di buona qualita’, accompagnata dalla giusta quantita’ di verdure, ci rende tanto felici… allora io credo che non ci nuocera’. Ecco il piacere.

A dire proprio tutta la verita’… mi voglio spingere oltre condividendo la mia personale opinione, ovvero che la guarigione non puo’ avvenire in maniera totale se non si cambia dentro, se non si arriva a scardinare quei processi che ci portano ad errestare il normale fluire dell’energia. Allora io credo che un regime alimentare molto rigido (come quello macrobiotico o il metodo Gerson) possano aiutarci a bloccare a livello meccanico la malattia, ma la svolta – sempre secondo me – e’ ad un livello molto piu’ profondo. Ci vuole la giusta attitudine da parte del malato. Quello che voglio dire e’ che non si puo’ guarire una persona dal cancro dandogli da mangiare del cibo che lei ritiene disgustoso. Se questa persona ritiene di essere sfortunata per il fatto di dover rinunciare a cio’ che la rende felice, non credo che quel cibo possa veramente aiutarlo. Potra’ farlo, ma per un periodo limitato. Bisogna farsi carico del proprio destino, bisogna avere un atteggiamento aperto verso il cambiamento ed essere consapevoli che questo cambiamento e’ per il nostro bene, che e’ utile alla nostra sopravvivenza. Bisogna accettare il proprio destino, bello o brutto che sia, e trovare la modalita’ per godere del momento.

Una volta mi e’ stata fatta questa domanda da una persona cara “Ma Fabiana, se e’ vero che il cibo ci puo’ guarire, perche’ i medici non ce lo dicono?”. La mia risposta fu questa: “Perche’ probabilmente hanno ragione, non e’ il cibo da solo che ci cura, ci vuole molto di piu’!”. E lo scrissi gia’ in questo post pubblicato sul blog di Ivy, che la malattia mi ha messo in contatto con questa grande forza che abbiamo dentro di noi e che credo sia questa la cosa fondamentale. Non ha importanza se sia veramente l’alimentazione a salvarci, ma la nostra alimentazione acquisisce importanza se noi crediamo che questa possa aiutarci. In questo caso infatti cio’ di cui scegliamo di cibarci nutre il nostro corpo ma anche questa grande forza…

Con tutto questo voglio dire che non c’e’ nulla di semplice, e per quanto io creda che SIA POSSIBILE GUARIRE DAL CANCRO, non lo so se sono guarita. Ora mi sento bene, ma appunto, “tutto scorre” e chissa’ cosa ha in serbo per me la vita, chissa’ quale e’ il piano… e se fino a poco tempo fa avrei pagato oro per sentirmi dire da qualcuno che non mi riammalero’ piu’, ora penso… che bello non saperlo, perche’ il non saperlo mi rende libera, qui ed ora, il non saperlo fa in modo che, nei momenti bui, anche grazie alla malattia io possa “tornare alla base”, ovvero ad apprezzare che ci sono ancora e che l’unica cosa che veramente devo fare per sopravvivere e’ RESPIRARE. Devo pero’ confessarvi una cosa, che dal primo momento in cui ebbi la conferma della malattia non ebbi mai la sensazione che la mia ora fosse arrivata. Ho sempre avuto un presentimento nel cuore, che il mio destino e’ quello di farcela perche’ ho ancora troppe cose da fare, troppe cose da scoprire e troppe cose da raccontare. Allora, quello che voglio fare e’ abbracciare questa sensazione e portarla con me. Questo e’ parte integrante di questo “lasciare andare”, di questo “andare a morire in mare”…

Solo il tempo potra’ dire se questa mia intuizione corrisponde a verita’. E se dovessi sbagliarmi? Significa che c’e’ un motivo che io semplicemente ora non posso vedere perche’ la ragione per cui succedono le cose non e’ nel passato ma nel futuro. La mia morte in ogni caso avra’ un significato per mio marito e per i miei figli, che saranno resi speciali dall’accaduto. E devo dire inoltre che inizio a non avere piu’ paura della morte, perche’ lo vedo come un momento di ricongiungimento e di “suprema consapevolezza”. Il libro di Anjta Moorjani mi ha aiutato tanto in questo, come i corsi di pedagogia antroposofica organizzati dalla scuola dei miei figli. Finalmente riesco a dire “tutto e’ bene quel che finisce bene… tanto prima o poi muoriamo e ci ricongiungiamo col tutto!” :-).

E dopo avervi sfiniti con un post che probabilmente dovrete rileggere 5 volte per capire (sorry!), chi ancora non e’ crollato puo’ cimentarsi con la ricetta di questa torta che avevo preparato per Berrino in persona. Ha viaggiato tra Olanda e Italia per arrivare venerdi’ sera 12 maggio 2017 a Corinaldo. Come il giorno prima dell’operazione che mi privo’ di un seno feci una torta per il chirurgo che mi aiuto’ nella guarigione meccanica del mio corpo, allo stesso modo ho voluto fare una torta, ora “felice”, per l’uomo che, tramite il cibo, ha contribuito a guarirmi l’animo.

È una torta di cipolla totalmente vegetale, fatta con olio e farina integrale di farro “Demeter” e con uno dei miei mix di spezie preferito, lo zaa’tar. Anche facendo questa torta l’universo mi mando’ un messaggio. Volevo farne due, uguali, in modo che potessi sapere come era venuta. Bene iniziai cuocendo le cipolle e le bruciai, cosa mai successa! Avevo altre cipolle che sarebbero bastate solo per una torta. Allora capii che era ora di lasciare andare il controllo che voglio sempre avere sulle situazioni. Decisi di seguire il mio istinto facendo questa torta (che avevo già cucinato innumerevoli volte e in diversi modi) in un modo ancora nuovo, questa volta usando delle albicocche biologiche tagliate a quadrettini. Questo sempre all’insegna del cambiamento. L’ho consegnata e pare sia stata molto apprezzata. Se la rifate, fatemi sapere come la trovate.

——-

Ingredienti per il ripieno:
800 g di cipolle (ca. 650 g già pulite)
30 ml ca. di olio evo
1 cucchiaio di za’atar
1 pugnetto di sale integrale fino (ca. 5 g)
5 albicocche secche (ca. 50 g)

Ingredienti per la base:
300 g di farina di farro integrale
125 ml di acqua
60 ml di olio evo
1 pugnetto di sale integrale fino (ca. 4 g)

 

.Pulire le cipolle e tagliarle a rondelle con un mandolino. Metterle in una pentola antiaderente e cuocerle a fuoco medio con un cucchiaio di olio.

.Dopo circa 5 minuti aggiungere lo za’atar. Continuare a mescolare – per evitare che si bruci – finché la cipolla avrà raggiunto un colore dorato e sarà diminuita notevolmente in volume. Aggiungere il sale integrale fino, mescolare bene e spegnere il fuoco.

.In una ciotola versare la farina, il sale integrale, l’olio e progressivamente l’acqua amalgamando il tutto. Trasferire l’impasto su una spianatoia (preferibilmente di legno) ed impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo.

.Dividere in due parti l’impasto, di cui una parte più piccola dell’altra. Iniziare a stendere la parte più grande con le mani provando a dare una forma rettangolare (o rotonda se si usa una teglia rotonda).

.Continuare a stendere l’impasto con l’aiuto del mattarello sempre dandogli una forma rettangolare e facendo in modo che strabordi rispetto alla teglia. Ungere la teglia (di 22 cm di lato) con poco olio di oliva usando le mani per cospargerla uniformemente.

.Adagiare l’impasto nella teglia e forarlo con una forchetta per evitare che si gonfi durante la cottura in forno. Adagiare le cipolle al suo interno.

.Aggiungere le albicocche secche tagliate a piccoli pezzetti distribuendole uniformemente. Stendere la parte restante dell’impasto con l’aiuto del mattarello e tagliarlo a strisce abbastanza larghe.

.Adagiare le strisce sopra al ripieno perpendicolarmente tra loro facendo in modo che si intreccino come nella tela di un tessuto. Una volta ricoperta tutta la torta con le strisce, rivoltare il bordo in eccesso della base sulle strisce e spennellare la superficie con un po’ di olio evo.

.Cuocere in forno preriscaldato a 175 gradi per ca. 25 minuti o in ogni caso finché la superficie risulti leggermente dorata. Lasciare raffreddare e servire.

 

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